Rappresentazione sacra dell'Epifania: il viaggio dei Re Magi


 Anche la festa dell'Epifania è viva nel cuore della gente jonica. Alla masseria Battaglia, sopravvive ancora la singolare usanza di celebrare il 6 Gennaio con una vera sacra rappresentazione. Al rito convengono, dai paesi vicini, comitive di famiglie di contadini, giacché essa festa è tutta per la gente dei campi dal cuore puro. La rappresentazione si svolge nel cortile della fattoria e viene eseguita dai contadini della frazione S. Benedetto-La Battaglia. Ivi, sulla destra, v'è una cappelletta, tappezzata con festoni d'ogni colore, con ricche frange dorate, altarino lindo, ordinato, pieno di fiori. La statua del Bambino, alta poco più di un palmo, su una piccola base rivestita di edera è nel centro della chiesina, con grande corona d'argento sulla testa a riccioli, col globo nella mano e la veste azzurrina. Nel centro del cortile, è pronto un palco; sopra, vi è un tronetto su cui viene collocata la piccola statua. Tre contadini, rappresentanti i tre re Magi, con cavalli bardati da tappeti, e vesti e manti volutamente sfarzosi, avanzano con solennità. Un fanciullo, seguito da altri due, porta una lunga canna su la cui cima v'è una stella di cartone inargentata. Dietro la stella, si muove il corteo REALE dalle viuzze della piccola frazione. Sono imponenti, i contadini-re Magi, con le corone dorate di cartone, le lunghe barbe, le vesti rosso gialle ed azzurre tempestate di stelle, i sandali bianchi, le mani inguantate. Vanno serissimi e camminano lentamente. La folla li attende lungo il viale della masseria, fiancheggiato da alberoni spogli, e allietato da archi con luci a gas; poi, tutti s'affrettano a trovare posto nel cortile della fattoria. Una guardia cerca inutilmente di persuadere la folla a lasciare lo spazio necessario all'accesso degli attori. Al maestoso portone i contadini-re si fermano e smontano da cavallo; un pastore con le anche ravvolte in pelli caprine ,con lunga barba, muove incontro ai viandanti, cercanti la grotta mistica. La SACRA RAPPRESENTAZIONE ha inizio. I sovrani accennano al loro lungo errare, alla loro fede viva, alle accoglienze avute da Erode di cui parlano con entusiasmo. Quattro o cinque pastori, con mazze noccherute, con bavero alzato, senza barbe, con cappellacci in capo e pipa in mano, precedono il corteo e prendono parte alla piccola azione drammatica. E' facile immaginare la meraviglia dei Magi alla vista del Divino Infante, di cui non si stancano di ammirarne la bellezza e la maestà. Dopo molti omaggi, i re offrono i doni che depongono ai piedi della statua. Il Mago dell'oro reca un astuccio; l'altro un barattolo d'alluminio che passa per argento; l'ultimo un bicchierino che s'immagina pieno di mirra. I doni simbolici sono offerti dai contadini-re Magi, con profonda umiltà; poi gli offerenti parlano a lungo col mandriano, esortando ad offrire al signore quello che a Lui è più accetto: il cuore. Il popolo prende parte alla rappresentazione con un canto natalizio, a fior di labbra. I vecchi hanno gli occhi lustri; i bimbi guardano trasognati, i massari più anziani sorvegliano, badando a tutto. Ad un tratto gli occhi degli spettatori si appuntano verso la terrazza della masseria. I Magi dicono di essere pronti a tornare da Erode per mantenere fede alla loro promessa. Ma ecco l'avviso del Cielo; l'angelo appare dall'alto. E' un giovanotto con parrucca e bioccoli che a voce chiara parla ai Re meravigliati dissuadendoli dal tornare da Erode; ne spiega anche il motivo: Erode, geloso del suo dominio, vuole dare la morte al piccolo Gesù. I Magi mostrano di comprendere il motivo del divino comando e conoscere l'empietà del re di Giudea. I pastori, invece, s'indignano, perché è conoscono abbastanza il loro sovrano. Dopo un affettuoso commiato ed un affettuoso bacio alla statua, i Magi, riprendono i loro doni simbolici, vanno via a cavallo. L'azione è compiuta. Una piccola batteria di petardi ne da il segnale. La campana del piccolo campanile suona; la piccola banda musicale venuta dalla città suona la PASTORALE di rito. La suggestiva rappresentazione ha per scenario il gruppetto delle case bianchissime di BELLATRASE, una piccola pineta (di fronte alla fattoria, in fondo) che s'eleva col suo gran verde nell'azzurro, una distesa immensa di ulivi secolari a destra, e il golfo meraviglioso, in fondo al quale Taranto appare come lontano e grande presepe.


Tratto dagli scritti di ALFREDO MAJORANO NUNZIO, studioso delle tradizioni popolari tarantine

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